C’è un ritornello che esce spesso dalla bocca di certi omofobi: «possono fare quel che vogliono in privato, ma in pubblico non devono ostentare». Dove “ostentare” vuol dire tenersi per mano, darsi un bacio, o anche solo comportarsi e vestirsi come si ha voglia.
Alcuni moderati invece predicano la loro noncuranza rispetto alla tutela dei diritti della comunità LGBT+. Ti dicono che ci sono problemi più importanti da risolvere, che non gliene importa nulla se si fa o non si fa una legge sulle Unioni Civili. Perché perdere tempo con queste stupidaggini? Certo, purché non le si avvicini nemmeno lontanamente al concetto di matrimonio, altrimenti diventa un attentato alla famiglia tradizionale.
Un’altra cosa che spesso ti dicono è: «ma se sei etero, perché vai al gay pride? Perché non c’è un etero pride? Io sono orgoglioso di essere etero!».
Questi argomenti non sono soltanto sulla bocca degli omofobi come premessa di affermazioni ben più gravi, ma anche su quella di chi accetta – magari con qualche riserva – che si possa parlare di diritti per la comunità LGBT+. Ad occhio e croce una buona metà del paese.
Ma cosa unisce tutte queste affermazioni, quelle degli omofobi, dei moderati e dei timidi delle varie sfumature? Credo che la risposta sia una, netta e precisa: l’individualismo sfrenato e l’egoismo che dominano la nostra società. L’idea secondo la quale tutto ciò che conta è quel che accade a me e al massimo alla mia famiglia.
Allora perché è importante scendere in piazza, partecipare al Pride?
Innanzitutto, perché ci sono conquiste di civiltà che vanno difese e contemporaneamente ancora tanti muri di oppressione da abbattere. Dal matrimonio ugualitario, alle adozioni per le coppie dello stesso sesso, alla discriminazione diretta e indiretta sui luoghi di lavoro, la strada dei diritti da conquistare per la comunità LGBT+ è ancora lunga.
Non è un passaggio scontato, soprattutto in Italia: ci si ritrova su tanti argomenti a fare una battaglia di minoranza. La responsabilità del cambiamento è nelle mani della nostra generazione.
E poi c’è un secondo aspetto di fondamentale importanza, che riguarda l’approccio con cui combattere per i diritti civili, se l’obiettivo è quello di smuovere le coscienze, cambiare le cose in profondità, incidere sulla cultura e sulla mentalità del nostro paese.
Per combattere l’indifferenza, l’individualismo e l’egoismo – per combattere l’idea che oltre al not in my back yard non ci sia altro di cui occuparsi – bisogna rivendicare un’idea sempre positiva della libertà. Dobbiamo affermare che la libertà dell’altro ci riguarda, che non conta solo il fatto di astenersi dal limitarla.
Lotto per i diritti LGBT+ non tanto perché «lo Stato non deve interferire nelle questioni private». Quanta noiosa aridità in questa affermazione. Io lotto perché il legame indissolubile fra una Persona e l’altra mi impone l’urgenza di fare di tutto affinché anche Tu, chiunque tu sia, possa essere libero e felice.
È il ribaltamento di ogni sfumatura di omofobia, ed è la spiegazione più forte al simpatico di turno che ancora si rifiuta di capire che il Pride non è la sfilata dei gay, ma una manifestazione nella quale celebrare l’orgoglio di ciò che si è – qualunque sia il genere e l’orientamento sessuale – uniti da una consapevolezza rivoluzionaria per il nostro tempo: la mia libertà è tessuta insieme alla tua, e saremo veramente liberi solo se lo saremo insieme.
Ci vediamo in piazza, sabato 14 settembre alle 14:30.