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Per una riGenerazione

Il mio intervento all’iniziativa “Per una riGenerazione”, il 12 maggio 2018.

Grazie. Grazie a chi si è iscritto a parlare, e interverrà rispettando il tempo di 5′ che ci siamo dati.

Grazie a CGIL, Libera Novara, Sermais, NovarArcobaleno, Liberazione e Speranza, Novara Green che hanno risposto al nostro appello, perché non era affatto scontato, di questi tempi. Grazie al Partito Democratico novarese, e grazie di cuore ai Giovani Democratici di Novara.

“Ogni fiore che sboccia ci ricorda che il mondo non è ancora stanco dei colori”. Questa frase, una di quelle scritte sul nostro wall, racchiude buona parte del significato di ciò che vogliamo provare a rappresentare oggi.

Oggi tentiamo di far intravedere una speranza di cambiamento, uno slancio di novità in una politica ingessata e piena di sé, a partire dal nostro Partito. Una rigenerazione che vogliamo far partire dal basso, questo pomeriggio, e che vogliamo fare di tutto per diffondere, a partire dal nostro territorio, il più lontano possibile. A partire da qui. Proprio qui, da Novara, dal nostro piccolo. Già solo questo è importante.

Infatti una delle prime obiezioni che si possono fare a questa iniziativa è: “ma a cosa serve? A cosa serve se tanto non governiamo più, a cosa serve farlo a Novara, quando a livello nazionale nessuno può sentirci?” Vorrei rispondere innanzitutto con i versi di una canzone meravigliosa, di Mannarino, si chiama: “Vivere la vita”.

Dice così:

“Puoi cambiare camicia se ne hai voglia
e se hai fiducia puoi cambiare scarpe
se hai scarpe nuove puoi cambiare strada
e cambiando strada puoi cambiare idee
e con le idee puoi cambiare il mondo.
Ma il mondo non cambia spesso,
allora la tua vera Rivoluzione sarà cambiare te stesso".

Invitiamo tutti gli scettici a guardare la realtà. E la realtà ci dice che battaglie di civiltà che andavano fatte da anni sono rimaste zoppe, non hanno raccolto consenso, non sono state condotte al meglio, perché non sono passate da qui. Dal confronto con i cittadini, dal sentimento di un popolo vasto. Noi oggi vogliamo dare il nostro contributo perché si ricominci a portare la politica in piazza, fra le persone, nei luoghi dove vivono i nostri valori.

In questi due mesi abbiamo riflettuto a lungo su cosa ci abbia condotto al risultato più basso della sinistra in tutta la storia repubblicana. Abbiamo rifiutato le tante letture superficiali e frettolose.

È vero: il gruppo dirigente del PD è apparso lontano, arrogante, chiuso nelle proprie litigate, incapace di comunicare, insufficiente nell’azione.

Ma limitarsi a questo sarebbe appiattirsi – come sempre – solo e soltanto sul contingente. In realtà, in questo delirio di onnipotenza, convinti com’erano che tutto sarebbe per sempre rimasto così, che spartirsi la torta interna equivalesse a spartirsi il consenso maggioritario del paese, i nostri dirigenti hanno dimenticato cos’è la Politica, cos’è la politica a sinistra. Hanno dimenticato quanto sarebbe stato fondamentale rispondere alle nuove richieste di legame e protezione di una società difficile e contraddittoria nei suoi rapporti e nei suoi conflitti come la nostra, mettendo al centro la relazione e la sostenibilità ambientale, economica, umana e sociale.

Il PD ha smarrito la sua stessa identità.

Qualcuno ha messo in contrapposizione diritti civili e diritti sociali, affermando che abbiamo parlato solo dei primi, e dimenticato i secondi, che parlano alla maggioranza del paese. Qualcuno dice che avremmo dovuto risparmiare energie sulle unioni civili, e cercare di fare di più sul lavoro e sulla povertà. È vero, avremmo dovuto lavorare di più e meglio sulla povertà e sulla precarietà del lavoro, ma io non accetto questa contrapposizione.

Non accetto che qualcuno dica che ci siamo impegnati troppo per i diritti civili. Io voglio una sinistra che finalmente metta insieme lo sguardo su diritti civili e sociali, che faccia sintesi partendo dalla Costituzione. Questo dovrebbe essere il PD.

Lo dico guardando i ragazzi di NovarArcobaleno, che oggi sono qui.

Non solo non è vero che non ci siamo impegnati troppo. Non siamo riusciti nemmeno a fare tutto quello che andava fatto. Per questo saremo con voi, il 26 maggio, al Pride. Perché la strada dei diritti è ancora lunghissima, nonostante quello che dice il sindaco Canelli.

Affermare l’orgoglio della propria identità, scendere in piazza per gridare al mondo il proprio diritto a non essere discriminati. Sostenere chi deve compiere questa battaglia per la propria vita, dire a lui e a tutta la sua comunità che non saranno mai più soli. Non c’è proprio nulla di folkloristico e inutile in tutto questo.

Vedete, in tutti questi anni in molti hanno dimenticato che la sinistra deve avere uno sguardo consapevole e critico sul presente, per costruire un futuro migliore. Le correnti dentro e attorno al PD – fra discussioni interne, scissioni, divisioni incomprensibili e dannose – si sono convinte del fatto che i loro schemi rappresentassero quote di valori di riferimento della sinistra, quando in realtà rappresentavano ormai soltanto piccoli e fastidiosi potentati. La verità è che oggi nessuna corrente rappresenta alcunché aldilà delle proprie rendite di posizione.

Lo dico a chi in questa piazza – se conosce appena le dinamiche interne al PD – ne è disgustato. Avete ragione. Abbiamo bisogno di una rigenerazione. Abbiamo bisogno di voi! E da questa piazza vogliamo ripartire, perché non serve ripetersi dove si è sbagliato senza agire per cambiare direzione.

Credo che in questi anni di grave superficialità, abbiamo costantemente rivendicato molti dei valori che teoricamente dovrebbero caratterizzarci, ma li abbiamo estetizzati e trasformati in slogan, dimenticandone il senso. Perché ogni valore si deve incarnare in relazione, attenzione, posizioni, scelte.

L’esempio di un valore che negli anni abbiamo finito per trasformare in una inutile cornice estetica è quello della parità di genere.

Mi imbarazza molto pensare che la XVII legislatura è stata – in buona parte grazie a noi – quella con la maggior presenza di donne, e in questa abbiamo ridotto drammaticamente il loro numero, fino ad essere il fanalino di coda dei gruppi parlamentari.

E non basta dire che è colpa della legge elettorale, perché la verità che la colpa è di chi quella legge elettorale l’ha approvata e ne ha sfruttato i meccanismi perversi. Le pluricandidature sono l’esatto contrario della trasparenza, della responsabilità e della credibilità, sono una vergogna. Abbiamo preferito l’opacità e le logiche di potere alla parità di genere. Di questo dobbiamo vergognarci!

Ecco perché nei nostri interventi sentirete una proposta molto concreta, che mette al centro l’uguaglianza sostanziale della donna senza troppi giri di parole. È chiaro, lampante il valore che ci sta dietro.

Un altro esempio è quello della dignità del lavoro. Abbiamo rivendicato questo valore solo in funzione propagandistica contro il reddito di cittadinanza, contemporaneamente riducendo il tutto ai dati sull’occupazione. Sembrava stessimo elevando a valore non negoziabile il Jobs Act, non il lavoro.

Non poteva funzionare. Il risultato è stata una rappresentazione quasi grottesca, per cui il nostro rivendicare la scelta del lavoro sull’assistenzialismo veniva interpretata come una distanza dagli ultimi. Ecco perché vogliamo riflettere seriamente sul lavoro, su dove si è sbagliato e su dove adesso dobbiamo cercare di incidere, e ascolteremo Silvia Bentrovato, del dipartimento politiche giovanili della CGIL.

Riflettere di lavoro, ma facendo una seria riflessione sul welfare e sulla lotta alla povertà, aldilà degli slogan inutili. Perché dobbiamo batterci per fondare i pilastri della società sostenibile a partire da un nuovo welfare, capace di includere chi oggi è irrimediabilmente escluso.

E ancora, l’Europa. Come potevamo pensare di incarnare i nostri valori, riducendo il nostro impegno in Europa a slogan coniati da Salvini, o al massimo a un “Europa sì, ma non così?”. Il risultato è stato che molti giovani che avremmo potuto tranquillamente rappresentare noi hanno votato +Europa. E chissà quanti invece – non così attenti alle piccole liste – hanno votato altrove, o non hanno votato. Per questo parleremo con nettezza di Europa federale. Non ci possono essere ambiguità.

E potrei andare avanti su scuola, fisco, ambiente, sicurezza, immigrazione, ma sentirete tutti negli interventi, a cui ora lascio spazio.

Solo un’avvertenza: non dobbiamo cadere nemmeno nell’errore opposto, quello di fare proclami incomprensibili e distanti dalla vita delle persone.

Lo schema è semplice: rimettere al centro una serie di valori condivisi dal popolo che vogliamo ricostruire – valori radicali, forti, dirompenti – e concretizzarli in azioni possibili, per avvicinare i molti al nostro campo.

Vorrei concludere con i versi finali di quella bellissima canzone, perché siamo in un momento dove tanti si abbandonano alla rassegnazione, dove troppi non fanno che lamentarsi di una classe dirigente certo, inadeguata, confusa, debole. Ma è proprio adesso che dobbiamo tirar fuori tutta la forza, l’intelligenza e il coraggio che abbiamo, darci la scossa per ripartire con la consapevolezza del nostro compito:

“E ora eccoti sul letto che non ti vuoi più alzare
e ti lamenti dei Governi e della crisi generale.
Posso dirti una cosa da bambino?
Esci di casa! Sorridi! Respira forte!
Sei vivo, cretino!"

Buona riGenerazione!

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